Storia

Bologna Soccorso ha sostanzialmente rappresentato per molti anni il punto di riferimento per gli addetti al Soccorso di tutta Italia, garantendo efficienza, idee e disponibilità alla sperimentazione e alla formazione, ed è qui che Noi abbiamo appreso ad "imparare" da chi già lavorava nel Servizio, attingendo alla loro esperienza, e a quella di altre organizzazioni di soccorso europee e americane. Occorre comunque non correre troppo, e fare un passo indietro e rivedere nel tempo, cosa e Chi, di fatto, ha determinato la nascita del servizio.

La storia del Soccorso e degli ospedali hanno sempre avuto percorsi culturali ed esigenze diversi. Le prime strutture ospedaliere nascono per offrire ospitalità ai poveri, facendo così germogliare la solidarietà verso le persone che avevano maggiori bisogni.

L’ospedale non trova poi sufficiente interesse per rivolgersi all’esterno, impegnandosi allo sviluppo della clinica e della diagnostica, e preoccupandosi del “cittadino” solo nel momento in cui diventato “paziente” varca la porta di ingresso del Pronto Soccorso.

Questo ha fatto sì che nel tempo si sia creata da una parte una cultura “Ospedaliera” della “Malattia”, per così dire intramuraria, fatta di altissima specializzazione e di risorse finanziarie elevate, mentre dall’altra parte si sia sviluppata una cultura del “Soccorso”, non basata su reali capacità organizzative ed assistenziali, ma sul senso di solidarietà tra cittadini e sulla necessità di trasportare i bisognosi velocemente all’ospedale.

Nascono congregazioni di cittadini, Confraternite di Misericordia e le Associazioni di Pubblica Assistenza e Soccorso, che ancora oggi hanno un ruolo insostituibile nel soccorso del nostro Paese.

All’inizio degli anni ’60 il livello assistenziale erogato dalle ambulanze è pressoché nullo, si provvede al trasporto e non a portare soccorso. I mezzi devono arrivare in fretta, caricare in fretta, poco importa se male, e in fretta dirigere in ospedale. In questa situazione, non vi sono mai state da parte degli utenti particolari rimostranze, il cittadino si è sempre accontentato che l’ambulanza arrivasse, a volte solo con l’autista.

Gli ospedali intanto registrano il boom della diagnostica e la nascita di centri ad altissima specializzazione, e di conseguenza si sente la necessità di avere un servizio di trasporto tra gli ospedali efficiente, in grado di mobilitare i pazienti da un polo ospedaliero all’altro. Pertanto il CePIS, nato alla fine degli anni ’60 su iniziativa del Prof. Sabena, si occupa prevalentemente di questo tipo di trasporti, mentre il soccorso cittadino viene effettuato dalla Croce Rossa Italiana e da “Croci Private”.

I cittadini bisognosi dell’ambulanza hanno come riferimento diversi numeri telefonici, ma non esistendo un coordinamento, sul luogo dell’incidente si vengono a trovare più di un’ambulanza o nessuna.

Nel 1974 il 4 agosto, in seguito all’attacco terroristico al treno Italicus, le carrozze coinvolte si fermano a San Benedetto Val di Sambro, ma i soccorsi vengono portati quasi esclusivamente da mezzi di soccorso della Toscana. Seguono anni di polemiche e di inutili tentativi di centralizzare il coordinamento delle chiamate di soccorso nel territorio bolognese.

Il 15 Aprile 1978 un altro tragico avvenimento, il deragliamento di un treno a Murazze di Vado (48 morti e 117 feriti) vede intervenire i mezzi del CePIS, che organizza lo smistamento dei feriti all’Ospedale Maggiore. E’ la prima volta che l’organizzazione si mette in evidenza come riferimento in situazione di emergenza sanitaria.

Il Comune di Bologna e l’Amministrazione degli Enti Ospedali rileveranno, questa volta, con soddisfazione il buon grado di efficienza della struttura pubblica.

Tra la fine dell’anno 1979 e la prima metà degli anni ’80 la direzione organizzativa del servizio CePIS viene affidata ad un Infermiere Professionale, Marco Vigna, che in collaborazione con il Dott. Lino Nardozzi della Direzione Sanitaria dell’Ospedale Maggiore darà inizio ad una vera rivoluzione culturale organizzativa.

Sono stipulate convenzioni con le realtà territoriali (Pubbliche Assistenze, Cooperative, Croce Rossa) per effettuare i trasporti, ed è in quell’ambito che vengono definite le strategie che consentono di stabilire l’effettiva messa in funzione di una centrale operativa unificata. Si inizia ad affermare in questo periodo, non senza difficoltà e resistenze, il nuovo concetto di Soccorso, inteso non unicamente come momento di trasporto, ma come l’insieme di diversi provvedimenti terapeutici e di osservazione, in grado di sostenere e mantenere in equilibrio le funzioni vitali del paziente sino all’arrivo in ospedale. Si sceglie di elevare il livello assistenziale dell’ambulanza inserendovi unicamente Infermieri Professionali, e garantendo la presenza di medici a bordo solo di alcuni mezzi, che vengono utilizzati in appoggio ai primi in caso di bisogno. Si realizza in silenzio senza paure e proteste, una naturale collaborazione tra professione infermieristica e medica, professioni diverse ma complementari. Alle 10.25 del 2 agosto 1980, alla stazione di Bologna, un folle gesto terroristico provoca 85 morti e 291 feriti. L’ormai consolidata abitudine a lavorare insieme all’interno del CePIS, e l’autorevolezza che questa struttura si è conquistata nel settore, fa sì che tutte le ambulanze cittadine, Ospedali ed enti di Soccorso si rapportino con essa, e che le attività legate a quel drammatico evento (soccorsi, rapporti con gli ospedali, trasferimenti verso centri maggiormente attrezzati) vengano coordinate dal CePIS.

L’Assessorato alla Sanità del Comune di Bologna resta molto colpito dall’episodio, e l’allora Assessore Belcastro si muove concretamente per portare a compimento il progetto di Centrale Unica del Prof. Sabena. In quel 1980 muore quindi il CePIS come coordinamento di trasporti tra ospedale ed ospedale, e dalle sue ceneri con il nome di Bologna Soccorso nasce la Centrale Operativa Unica per il Soccorso ed il Trasporto, nella quale si integreranno negli anni successivi tutte le realtà bolognesi del soccorso, dalle Pubbliche Assistenze alla Croce Rossa. Il susseguirsi poi negli anni di altri tragici avvenimenti, dalla strage di Natale del treno 904 del 1984, sino al più recente del Liceo Salvemini di Casalecchio di Reno del 1990, non hanno fatto che confermare che tale strategia aveva reali fondamenta.

Nel 1986 a Bologna, nasce il primo servizio di elisoccorso regionale e negli anni a seguire sino al 1992 si assiste, nello scenario italiano, ad un particolare interesse verso l’attività di Bologna Soccorso e, più in generale, verso l’idea della centrale operativa unica. Nascono in più parti, con diverse esperienze e assetti, varie centrali, la Regione Emilia Romagna allarga l’esperienza di Bologna agli altri capoluoghi di provincia.

Sono anni frenetici, anni di spinta alla sperimentazione e all’innovazione, che portano sino al 1 giugno 1990, in occasione dei campionati mondiali di calcio, dove viene attivato a Bologna, prima città in Italia, il 118 come numero telefonico unico di soccorso sanitario. Due anni dopo, il 27 marzo 1992, l’allora Presidente della Repubblica Francesco Cossiga firma il Decreto di istituzione delle centrali operative di allarme sanitario 118, riproponendo per intero il modello organizzativo sperimentato a Bologna, dove in particolare si affermano importanti principi quali: l’integrazione del servizio pubblico con il volontariato, l’identificazione dell’Infermiere Professionale come responsabile operativo della centrale, l’attribuzione della responsabilità ad un medico responsabile e l’identificazione dei tipi e dei tempi d’intervento di soccorso.

Da quell’ormai lontano 1992 ai giorni nostri, il 118 come numero Unico Nazionale di chiamata sanitaria d’emergenza, a cui sono collegate strutture complesse ed articolate, trova oggi realizzazione su quasi tutto il territorio nazionale; e se oggi le necessità del cittadino sono di gran lunga, e per vari motivi, diverse da ieri, questo non può non essere preso in considerazione e non influenzare l'intero settore. Ieri l’abitante del paese di montagna o di campagna era un rassegnato utente, oggi è una persona che rivendica il proprio diritto a non essere un cittadino di serie B, esige, a ragione, servizi quantomeno equivalenti a quelli erogati agli abitanti delle aree metropolitane. Da queste esigenze parte lo sforzo, del 118, nel dare maggiore consistenza al proprio ruolo istituzionale quale fornitore di servizi, e la ricerca di una maggiore trasparenza nei rapporti con l’utenza, cercando di cogliere sistematicamente i bisogni emergenti, e richiedendo una maggiore sensibilità interna nel tradurre queste rilevazioni in momenti quali la Formazione Permanente sul Lavoro.

Oggi il Servizio 118 di Bologna richiede molto al proprio personale, sia in termini di preparazione professionale che in termini di disponibilità, a tutti viene chiesto di essere responsabili e di partecipare attivamente ai processi di sviluppo, ma allo stesso tempo molto dà in autonomia e soddisfazione professionale. Gli infermieri della Centrale Operativa hanno una preparazione specifica riguardante le telecomunicazioni e l’informatica. Bologna è stata la prima Centrale di Soccorso Italiana ad essere completamente informatizzata (1992), e questo oltre ad evidenti problemi organizzativi e formativi ha comportato uno sforzo notevole di adattamento, di contro si è avuto dal 1990 un incremento della produttività, in termini d’interventi gestiti, pari al 6% medio annuo senza che questo comportasse un aumento del personale.

Gli infermieri dei mezzi di soccorso e della Centrale vengono formati con corsi di base (BLS) al mantenimento delle funzioni vitali. In particolare il personale addetto al soccorso attraverso i corsi avanzati di rianimazione cardiopolmonare (ACLS), di trattamento preospedaliero del traumatizzato (PTC) e di defibrillazione precoce, viene autorizzato ad eseguire autonomamente, secondo i protocolli disposti dal Responsabile Medico, sia la defibrillazione che alla somministrazione di alcuni farmaci.

I corsi di formazione vengono tenuti sia dagli infermieri che dai medici e sono rivolti sia a personale “Sanitario” sia a “Laici” (legge 626).

Siamo alla fine del millennio, la televisione mostra e porta all'estremo ogni cosa. Abbiamo le case invase da medici in prima linea, infermieri in trincea, da eroi per caso, più o meno realistici.
Queste realizzazioni televisive sono graditi alla gente, così come piace pensare che nella realtà, come nella finction, nei momenti drammatici della vita, esistano persone con una soluzione pronta a garantire sempre il lieto fine. Nella realtà non ci sono eroi, ma solo professionisti che cercano di soppesare conoscenza, dovere e rischio nella giusta misura.

Esiste quindi il pericolo concreto di confondere l’apparenza con la sostanza. Esiste il pericolo di credere di sapere, e di avere in tasca una risposta per ogni problema.

Noi crediamo oggi che migliorare la qualità delle nostre prestazioni sia un nostro obiettivo primario, e che per questo motivo vada ricercato con insistente costanza.

Massimo Baietti & Fiorella Cordenons

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