Il modello Bologna Soccorso

a cura di Marco Vigna
Estratto dal libro “50 anni di professione infermieristica a Bologna: gli infermieri si raccontano”

1971

Adeguamento del progetto Ce.P.I.S.

Il progetto del 1967 viene parzialmente rivisto: agli atti è presente una copia di tre pagine che porta la data del 18 ottobre 1971. Rispetto al progetto del 1967 sono presenti altri aspetti che assumeranno negli anni successivi una valenza fondamentale nella definizione degli obiettivi delle centrali operative, in particolare il progetto del 1971 prevede che per i “... malati particolarmente gravi il Centro invierà una delle ambulanze in sosta con attrezzature e medico rianimatore a bordo.. In caso di incidente stradale o di altra natura il Centro potrà essere immediatamente avvertito della presenza di feriti gravi ed invierà una ambulanza particolarmente attrezzata o indicherà l'Ospedale adatto al quale le ambulanze trasporteranno i pazienti ...”. Anche in questo caso siamo di fronte a una iniziativa estremamente innovativa e rara per l’epoca: portare fuori dall’ospedale il soccorso e definire che il paziente può essere indirizzato al PS più idoneo e non sempre a quello più vicino.

Dal punto di vista tecnico il documento riporta alcuni dettagli non evidenziati in precedenza, in particolare la necessità di dotare la centrale di un elaboratore elettronico: “..Il Centro e tutti gli Ospedali della zona saranno collegati con terminali all'elaboratore elettronico. Si prevede come primo impiego il reperimento immediato dei posti letto liberi nei vari Ospedali..”. Vengono previsti, con largo anticipo rispetto alle soluzioni adottate negli anni ’90, i primi collegamenti diretti telefonici:

  • linee telefoniche dirette che colleghino il Centro con tutti i Centri operativi ai quali sono devoluti i pronti interventi in caso di incidenti (C.R.I., Vigili del Fuoco, Unità Coronarica, Centro Antiveleni dell'Ospedale Maggiore;
  • collegamenti diretti fra il CEPIS e gli Ospedali della città di Bologna ed eventualmente della Provincia ad esso collegati;
  • il collegamento telefonico diretto fra CEPIS e i vari centri operativi radiotelefonici dipendenti da enti pubblici consentirà comunicazioni rapide con qualunque mezzo di soccorso.

Gennaio 1971

Nasce la “P.A. Croce Italia" di Bologna prima Associazione di volontariato del soccorso bolognese

Negli anni ’60 sul territorio bolognese non era presente alcuna attività di volontariato operante nell’ambito del soccorso e trasporto infermi. Con fondi propri, un gruppo di bolognesi rilevò la Croce Italia, una delle tante «Croci» private esistenti a Bologna. Ottenuti i necessari permessi, dopo un periodo di rodaggio l'associazione di pronto soccorso venne trasformata in Associazione Volontaria di Pubblica Assistenza.

Per comprendere l’importanza di tale evento nella storia del soccorso bolognese, occorre richiamare di seguito alcuni fatti. Negli anni ’70 il servizio di soccorso era svolto a totale carico del paziente. Molto coraggiosamente lo statuto della Croce Italia ne prevedeva la totale gratuità entro i confini del Comune di Bologna. Negli anni ’70 cominciò a manifestarsi un sostanziale depauperamento del personale dipendente della C.R.I., collegato al blocco delle assunzioni confermato anche successivamente a causa della logorante attesa della legge di riforma dell’Ente. Tale blocco, unito all’aumentare della domanda di soccorso aprì necessariamente spazi per il volontariato. La Croce Italia – di cui ero diventato volontario nel dicembre 1971 – orientò fin dall’inizio i propri sforzi organizzativi verso l’ambito del soccorso cercando anche di affrontare il cambiamento del modello operativo di riferimento dallo “scoop and run” allo “stay and play”, concretizzato anche dall’acquisto di un mezzo attrezzato per la rianimazione, uno dei pochi presenti nei soccorsi nel terremoto del Friuli del 1976.

La novità costituita dalle caratteristiche operative dell’associazione motivò la rapida ascesa del numero dei volontari, avendo la possibilità di vivere in prima persona la necessità di adeguare la qualità del soccorso e la sua organizzazione. In questo ambito va ricordato che una parte significativa del personale medico e infermieristico – che ha successivamente dato vita a Bologna Soccorso – proveniva dal volontariato; principalmente dalla Croce Italia. Negli anni successivi il volontariato darà vita ad altre importanti associazioni.


1974

Viene inaugurato il Ce.P.I.S.

Al momento dell’avvio del servizio il Ce.P.I.S. è dotato di un modernissimo centralino telefonico che, oltre a linee di comunicazione interna, dispone di ben 10 linee dirette con gli ospedali di Bologna (per il rapido reperimento di posti letto) e di altre 10 linee privilegiate per il collegamento con i più importanti servizi interni (Rianimazione, Pronto Soccorso, Sala Operatoria, Cardiologia, autorimessa), nonché di impianto per la registrazione su nastro magnetico. Funziona anche un efficiente sistema radio che collega tutti i mezzi di trasporto appartenenti all’Amministrazione degli Ospedali. Manca però il numero telefonico breve di accesso e l’allacciamento al 113 (allora vero collettore delle chiamate di emergenza).

Dal 10 Febbraio 1975 il Ce.P.I.S. funziona per 13 ore al giorno e con una sola linea di accesso dall’esterno, effettuando di fatto solo il coordinamento dei trasporti interospedalieri, ancorché numerosi.

Dal 31 giugno 1975 al 31 giugno 1976 vengono coordinati 16.984 trasporti tra gli ospedali, alcuni dei quali assistenzialmente molto complessi. In questo ambito si sviluppa l’attività di trasporto secondario, assistito con equipe medico e infermieristica della Rianimazione del Maggiore. Vengono organizzati anche trasporti con elicotteri e aerei di Stato.

Anche la mancanza a livello regionale di una specifica programmazione del settore – unita alla scarsa condivisione del progetto da parte della C.R.I. e di alcune delle associazioni di Volontariato e dei Privati – impediscono al Ce.P.I.S. di effettuare il benché minimo intervento di coordinamento sull’organizzazione del soccorso territoriale urgente. Per anni il Ce.P.I.S. effettuerà solo attività di coordinamento del trasporto interospedaliero tra i nosocomi bolognesi: ben poca cosa rispetto alle attese suscitate dal progetto iniziale!


1974 e 1975

Il Ce.P.I.S. non decolla: interviene il Comune di Bologna sostenendo la necessità di centralizzare la gestione dei servizi urgenti e non urgenti

Nel dicembre del 1974 l'Assessore alla Sanità del Comune di Bologna attiva una serie di incontri con le varie “Croci” presenti sul territorio, con l’iniziale obiettivo di unificare le modalità di esecuzione dei trasporti non urgenti svolti a mezzo ambulanza, per conto del Comune, e allora quantitativamente ed economicamente già molto rilevanti. L’iniziativa di fatto fallisce e dal giugno 1975 cessa il confronto, ma aumenta la consapevolezza, a livello politico, del problema del coordinamento delle ambulanze; soprattutto comincia a farsi strada una soluzione che sarà quella decisiva per le iniziative degli anni successivi: il Prof. Eustachio Loperfido (allora Assessore Sanità del Comune) propose di utilizzare le strutture del Ce.P.I.S. per la creazione di una centrale operativa per lo smistamento di tutti i servizi di ambulanza sia urgenti che non urgenti.


1975

Il Ce.P.I.S. entra a far parte del sistema di soccorso sull’Autodromo di Imola con due mezzi di rianimazione

Negli anni ’70 il mondo delle corse automobilistiche e motociclistiche comincia a riflettere sul gran numero di piloti e spettatori deceduti durante le gare. Oltre al miglioramento delle caratteristiche strutturali delle piste si cominciano ad attivare i primi servizi di soccorso con capacità rianimatoria. Il Dott. Giuseppe Piana, responsabile sanitario dell’autodromo di Imola, contatta il Prof. Paolo Nanni Costa, che collabora alla definizione e alla realizzazione del progetto. Si prevede così la presenza di vari mezzi di soccorso sanitario di base (4 in pista e 1 per il pubblico), forniti dalla Associazione di Volontariato Croce Italia, nonché di due mezzi di rianimazione (RIA) del Ce.P.I.S.

Nell’articolo di Marco Vigna e Stefano Badiali “L’organizzazione del servizio di soccorso sanitario nel circuito di Imola“ del 1976, a pag 3 si legge:.. “..GRUPPI MOBILI DI RIA (RIANIMAZIONE) Sono il punto di forza dell' organizzazione dei soccorsi sul circuito. Il personale medico e infermieristico, altamente qualificato, proviene dal centro di Rianimazione e Terapia Intensiva dell'Ospedale Maggiore di Bologna, diretto dal Prof. Paolo Nanni Costa. Le ambulanze sono fornite dal Centro di Pronto Intervento Sanitario, con il quale sono in collegamento radio. Tali gruppi sono posti ai poli del circuito (curve Tosa e Rivazza). In caso di necessità di un intervento di rianimazione, gli MSS fanno capo ai RIA. I RIA esplicano funzioni di centri di rianimazione fissi; non si spostano infatti sul percorso di gara; in caso di bisogno, provvedono al trasporto dell'infortunato grave ai centri specializzati regionali (centro di neurochirurgia presso l'ospedale Bellaria e centro di Rianimazione dell’Ospedale Maggiore). Si tratta di ambulanze equipaggiate con tutto il necessario per interventi di rianimazione e per il trasporto di un malato in condizioni di ventilazione assistita”.


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